Nel gesto pittorico di Veronica
Voltolina convergono idealmente una sensibilità artistica contemporanea e la memoria delle
esperienze non figurative del secondo dopoguerra. Per quanto l’assonanza con il linguaggio
dell’Informale europeo e dell’Espressionismo Astratto americano rappresenti un dato tra i più evidenti
che il suo lavoro permette di rilevare, tale assonanza non precipita in una sterile opera di
citazione, o in una riproposizione acritica dei principali elementi
di stile delle correnti citate. Nella
ricerca visiva con cui Afro, Vedova e i pittori d’oltreoceano affrancavano l’immagine dipinta dalla
mera rappresentazione sia delle cose, sia dei loro simboli, l’artista ha riconosciuto la
possibilità di restituire lo scorrere di un pensiero di tipo
“impulsivo”, che non ha rescisso cioè il proprio
legame con il corpo, l’istinto, i sensi. Voltolina ha colto il profondo valore esistenziale riposto
nell’opera dei maestri degli anni Quaranta e Cinquanta; ha inoltre tesaurizzato la loro lezione
formale, rielaborandola in termini “personali” proprio perché ha saputo trasformarla un’estensione
della sua stessa persona, in un sismografo della sua esperienza emozionale e percettiva.
Un particolare estro creativo e,
attraverso gli anni, una crescente consapevolezza, le hanno consentito di definire un proprio
peculiare campo d’espressione. Impostata agli esordi su voci cromatiche tendenzialmente cupe,
insidiate da ampie zone d’ombra, la sua pittura ha progressivamente accolto la timbrica
della pop e, soprattutto, della street art, di cui Voltolina utilizza occasionalmente il più
emblematico degli strumenti, la bomboletta spray. Anche l’organizzazione interna del dipinto
ha conosciuto una significativa evoluzione. Se prima sembrava reggersi sulla relazione tra lo sfondo
e i motivi astratti tracciati al centro della composizione, negli ultimi anni appare corteggiare nuovi
valori spaziali. L’artista ha condotto su di un unico piano le diverse entità cromatiche – brevi
campiture, piccole taches circolari, libere improvvisazioni gestuali - coinvolte nello sviluppo
delle sue superfici. È pervenuta ad ottenere, attraverso la loro combinazione, un’ampia varietà di
registri formali, con cui dare vita a dei territori immaginari o a dei campi di forze reciprocamente
contrastanti: ovvero, a dei “luoghi” generati per pura virtù di pittura, i quali sembrerebbero poter
proseguire ben oltre i limiti della tela, come se questa contenesse solo un dettaglio della loro
indefinita estensione.
La predilezione per una poetica
espressiva che non intrattiene un rapporto referenziale con la realtà fisica, non comporta ovviamente una
rinuncia alla possibilità di “significare”. Si avverte però, in queste trame di segno e colore,
composte secondo ritmi più e meno serrati, un abbandono fiducioso ai “significanti” della pittura,
ovvero ai suoi elementi costitutivi, ai suoi gesti primari. Questa inclinazione contribuisce a fare del
lavoro dell’artista una sorta di traduzione simultanea dell’attività psichica o, meglio,
del suo ininterrotto flusso; una conquista che trova una stimolante - per quanto ideale - corrispondenza
nella scrittura più sperimentale di un autore quale Joyce. E come nelle pagine dell’Ulisse, anche
nelle opere di Voltolina si sovrappongono il piano soggettivo e quello oggettivo del rappresentare.
Se tale concomitanza viene resa da Joyce con il continuo avvicendarsi, nel ruolo di “voce”
narrante, della prima e della terza persona singolare, in questi dipinti viene richiamata dalla loro
stessa natura. Pur racchiudendo un riflesso dell’identità più profonda dell’autrice, l’immagine
esalta i puri valori pittorici che le sono impliciti, presentandoli nella loro concretezza oggettiva invece
di vincolarli a una finalità mimetica.
Più rare, ma non meno interessanti,
sono le incursioni dell’artista nell’ambito figurativo. Oltre un recente lavoro ove si registra il
precipitare di figure umane in una tessitura cromatica di vaga ascendenza “vedoviana”, degne di
nota sono una serie di tele dalle dimensioni ridotte, la cui essenzialità contrasta con la
saturazione compositiva che caratterizza il versante puramente
astratto del suo ricercare. Gli strani esseri
che le abitano, nei quali sembrano mescolarsi sembianze umane, animali e luciferine, vengono descritti
attraverso un disegno nervoso, deliberatamente sgrammaticato e infantile, che potrebbe
addirittura essere stato eseguito senza l’ausilio della vista.
Si tratta di immagini instabili e
inquiete, che la memoria fatica a fissare: scaturite dall’incontro
tra l’inconscio personale e quello
collettivo, esse sembrano perennemente in procinto di scomparire nel vuoto che accoglie il loro - fugace
- manifestarsi.
Nicola Galvan
Biografia
Opera nel campo delle arti visive dal
2000. Terminati gli studi artistici presso l’Accademia
di Belle Arti di Venezia nel 1999, si
dedica alla pittura esibendosi in mostre personali e collettive.
Nel 2003 consegue la laurea
specialistica presso la Facoltà di Design e Arti presso lo IUAV di Venezia.
Da quel momento porta avanti un ricerca
pittorica che si fondata sulla sperimentazione di tecniche e materiali in particolare
pigmenti vinilici, latex e smalti.
Nel 2004 fonda l’associazione
Bellofresco. Conduce la direzione artistica del primo run- artist space a Mestre dove promuove
mostre di giovani artisti, facendosi conoscere anche come curatrice indipendente.
Dopo una permanenza in Germania, nel
2009 entra in contatto l’ambiente berlinese che la ispira ad una nuova produzione di
opere plastiche realizzate prevalentemente in poliuretano espanso, concepite sulla
rielaborazione dell’estetica del cervello umano.
Nel 2011 inizia una collaborazione con
il fotografo trentino Dido Fontana, del quale nel 2013 cura la sua ultima personale in
occasione della 55. Biennale Arte di Venezia, dal titolo “FREE(fucking)FOOLERY”.
Dal 2015 è curatrice di "Spazio
V", galleria d'arte e spazio eventi sito a Mestre Venezia.
Attualmente porta avanti una ricerca
estetica e concettuale utilizzando vari linguaggi (pittura, fotografia, installazioni).
Vive e lavora a Mestre Venezia.
Principali esposizioni:
1999 Crime TAG Teatro Alla Giustizia,
Venezia-MestreProgetti curatoriali
2000 Cento di questi giorni
Laboratorio, a cura di Interno3, Venezia-Mestre
2003 Generazioni a confronto Palazzo
Porcia Brugnera, a cura di C. Sala, Oderzo (Treviso)
2004 Giovani: concorso d'arte visiva e
pensieri in libertà, Regione Veneto, Assessorato alle Politiche Sociali, Padova
2004 Building Q13, Galleria del
Contemporaneo, a cura di Interno3, Venezia-Mestre
2004 Transmission/kjosk, a cura di J.
Kosuth, Comune di Bassano del Grappa (Vicenza)
2004 Guerra, pace, ecc Fondazione
Bevilacqua La Masa, a cura di L. Baltz, Venezia
2004 Talk Show Via Farini, a cura di
H.U.Obrist, Milano
2005 Mestre Film Fest 8a edizione,
Centro Culturale Candiani, Venezia-Mestre
2011 ArtèSalute, Centro Clinico
Polispecialistico Lamm,Venezia-Mestre
2012 I sabati in via Mestrina,
paintings & sound performance, Comune di Venezia
2015 Links [Care of the look], a cura
di Saverio Simi De Burgis, Galleria delle cornici, Venezia-Lido
2016 Terre_Ferme, a cura di Saverio
Simi de Burgis. Organizzazione di Marija Markovic, Atelier 3+10, Mestre-Venezia
2016 NoPlace 3 - 49° Premio Suzzara,
Città di Suzzara (Mantova)
2016 Autumn Prize 2016, a cura di
Saverio Simi de Burgis. Atelier 3+10, Mestre-Venezia
cm. 42x62,acrilico su tavola, senza titolo |
cm. 50x70, acrilico su tela, senza titolo |
cm. 60x93, acrilico su tela di sacco, senza titolo |
cm. 100x100, acrilico su tela, senza titolo |
cm. 140x85, acrilico su tela, composizione cromatica |
cm. 150x120 acrilico su tela, senza titolo |
cm 161x120, acrilico su tela, senza titolo |
cm2100x98, acrilico e olio, From hell to heaven |